La persona condannata che si trova in disagiate condizioni economiche e che ha mantenuto una condotta regolare, può chiedere l’esenzione dal pagamento delle spese del procedimento giudiziario e del mantenimento in carcere.
Questo vale sia per i condannati che hanno scontato la pena (o parte di essa) in carcere, sia per gli internati sottoposti a misura di sicurezza detentiva in istituto, sia per i condannati a pena non detentiva (che chiederanno ovviamente solo l’esenzione dal pagamento delle spese del procedimento giudiziario).
Solo le spese del procedimento giudiziario e del mantenimento in carcere possono essere “rimesse”, cioè annullate: non si può chiedere la “remissione del debito” per le pene pecuniarie e per debiti di altro genere.
La domanda, in carta semplice (senza marche da bollo), può essere presentata dall’interessato, o dai congiunti, o dal consiglio di disciplina dell’istituto dove è detenuto.
La domanda deve essere indirizzata al magistrato di sorveglianza che ha giurisdizione sull’istituto in cui l’interessato è detenuto o internato al momento della richiesta; oppure, se l’interessato è libero, al magistrato di sorveglianza competente sul luogo in cui ha la residenza o il domicilio.
L’interessato può farsi assistere da un avvocato per redigere la domanda, oppure può utilizzare il fac-simile di istanza (vedi sotto).
Occorre indicare:
• generalità e indirizzo di chi chiede la remissione del debito;
• con precisione le sentenze per le quali si chiede il beneficio (numero, data, tipo di sentenza, autorità giudiziaria che l’ha emessa) e possibilmente allegarne fotocopia: la mancanza o l’imprecisione di tali riferimenti può essere causa di inammissibilità della domanda;
• dove è stata scontata la pena (istituti e periodi) e, se si sono già effettuati dei pagamenti per spese giudiziarie o per spese di mantenimento in carcere, allegare copia delle ricevute;
• spiegare brevemente il motivo per cui ci si trova in disagiate condizioni economiche (mancanza di lavoro, problemi di salute, ecc.) e allegare la relativa documentazione (modello “Cud” di dichiarazione dei redditi, certificato di disoccupazione o di mobilità, libretto del lavoro, certificati sanitari, e quant’altro ritenuto utile);
• di aver tenuto una condotta regolare sia durante la detenzione sia, successivamente alla commissione del reato, in libertà (e possibilmente allegare attestazioni o testimonianze in merito).
E’ fondamentale, per una rapida istruttoria della domanda, allegare tutta la documentazione necessaria a comprovare quanto dichiarato e quanto richiesto. La documentazione renderà più agevoli i controlli che l’Ufficio di sorveglianza compirà in ogni caso attraverso le Forze dell’ordine e in particolare la Guardia di Finanza, le banche dati del Ministero della giustizia, quelle del Ministero dell’economia e delle finanze, le direzioni degli istituti di pena, gli operatori socio-sanitari.
La decisione sulla remissione del debito è presa dal magistrato di sorveglianza dopo aver esaminato gli atti;
L’esito della richiesta viene notificata all’interessato.
Attenzione: verificare se chiedere la remissione del debito convenga davvero, considerando anche l’onorario che si dovrà pagare all’avvocato, se nominato di fiducia.
Normativa di riferimento:
• art. 6 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, “Testo unico in materia di spese di giustizia”, che ha sostituito l’art. 56 della legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario”,
• art. 106 D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario”.