Glossario L – O

Lavoro all’esterno del carcere
Vedi art. 21.
 
Lavoro sostitutivo
Il “lavoro sostitutivo” è stato introdotto dall’art. 105 della legge 689/1981 (cosiddetta “depenalizzazione”). Prevede di convertire in lavoro non retribuito a favore della collettività la sanzione pecuniaria non eseguita per insolvibilità del condannato.
Il lavoro può essere svolto presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, o presso enti, organizzazioni o corpi di assistenza, di istruzione, di protezione civile e di tutela dell’ambiente naturale o di incremento del patrimonio forestale, previa stipulazione di speciali convenzioni da parte del Ministero di grazia e giustizia, che può delegare il magistrato di sorveglianza.
Il magistrato di sorveglianza di Venezia ha stipulato alcune convenzioni. 

Liberazione anticipata
Al condannato a pena detentiva che abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione è concessa una detrazione di quarantacinque giorni per ogni semestre di pena scontata.
La liberazione anticipata viene richiesta dal condannato e concessa dal magistrato di sorveglianza qualora ve ne siano i presupposti (la partecipazione all’opera di rieducazione, che presuppone la regolarità della condotta).
Si tratta di un riconoscimento dell’impegno del condannato, non propriamente di una misura alternativa alla detenzione, sebbene l’art. 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”, che regola la liberazione anticipata, si trovi all’interno del Capo VI “Misure alternative alla detenzione”.
Anche gli affidati in prova al servizio sociale (vedi affidamento in prova al servizio sociale) e gli affidati in casi particolari (vedi tossicodipendenza) possono ottenere questo beneficio quando diano prova di un loro concreto recupero sociale.

Liberazione condizionale
Il Tribunale di sorveglianza può concedere la liberazione condizionale al condannato (art. 176 c.p. e art. 682 c.p.p.) che ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena, qualora la pena che rimane da scontare sia inferiore a cinque anni. Occorre inoltre che il condannato, nel periodo trascorso in carcere, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento.
La liberazione condizionale viene revocata in caso di altra condanna o di mancato rispetto delle prescrizioni.

Libertà controllata
E’ una delle sanzioni sostitutive (vedi) di pene detentive brevi previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, “Depenalizzazione e modifiche al sistema penale”, artt. 53 e seguenti (in particolare art. 56).
La libertà controllata può essere concessa dal giudice se la condanna ha comminato un pena detentiva inferiore a un anno.
Un giorno di pena detentiva equivale, per la determinazione della durata della sanzione sostitutiva, a due giorni di libertà controllata.
La libertà controllata comporta in ogni caso: il divieto di allontanarsi dal comune di residenza (salvo specifiche autorizzazioni); l’obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno nel locale ufficio di pubblica sicurezza o stazione dei carabinieri; il divieto di detenere armi, munizioni ed esplosivi; la sospensione della patente di guida (a meno che non sia necessaria per lavorare); il ritiro del passaporto e di altri documenti validi per l’espatrio; l’obbligo di presentare a ogni richiesta delle forze dell’ordine l’ordinanza di concessione della libertà controllata, con le relative prescrizioni.
Il magistrato di sorveglianza può disporre che il libero controllato partecipi a interventi idonei al suo reinserimento sociale.

Misure alternative alla detenzione
Sono misure introdotte con la legge di riforma penitenziaria del 26 luglio 1975 n. 354, la cosiddetta “legge Gozzini”, e consentono al soggetto che ha subito una condanna di scontare, in tutto o in parte, la pena detentiva fuori dal carcere. In questo modo si cerca di facilitare il reinserimento del condannato nella società civile sottraendolo all’ambiente carcerario. Le misure alternative alla detenzione si applicano esclusivamente ai detenuti definitivi (cioè con sentenza non più impugnabile) e sono: l’affidamento in prova al servizio sociale (vedi), la semilibertà (vedi), la detenzione domiciliare (vedi), la liberazione anticipata (vedi). Alcune di queste possono essere disposte in via provvisoria dal magistrato di sorveglianza, salva la successiva concessione in via definitiva da parte del Tribunale di sorveglianza.
Agli stranieri irregolarmente presenti in Italia, condannati e detenuti, è obbligatoriamente applicata – negli ultimi due anni di pena ed in presenza di reati non ostativi – l’espulsione come sanzione alternativa alla detenzione (vedi), come previsto dal 5° comma dell’art. 16 del Testo unico sull’immigrazione (Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286).

Misure cautelari coercitive personali
Possono essere applicate a indagati o imputati per delitti la cui pena massima prevista sia superiore ai tre anni di reclusione, e solo se sussistono pericoli di fuga, o di inquinamento delle prove, o di commissione di nuovi delitti.
Le misure cautelari coercitive personali sono: divieto di espatrio, obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria, allontanamento dalla casa familiare, divieto e obbligo di dimora, arresti domiciliari (vedi), custodia cautelare in carcere o in luogo di cura. Sono regolate dagli artt. 272-286 c.p.p. e, per quanto riguarda l’esecuzione e la durata dei provvedimenti, dagli artt. 291-308 c.p.p.

Misure di sicurezza
Sono disciplinate dagli articoli 199 e seguenti del codice penale.
Le misure di sicurezza si applicano:
• alle persone considerate socialmente pericolose;
• in caso di commissione di un reato, o di un reato impossibile ai sensi dell’articolo 49 del codice penale, ovvero in caso di accordo o di istigazione a commettere un reato;
• quando si ritiene possano commettere nuovi fatti previsti dalla legge come reato.
Tali misure sono ordinate dal giudice nella sentenza di condanna. Hanno una funzione non solo di contenimento della pericolosità sociale, ma anche rieducativa, vale a dire tendono a favorire il reinserimento dell’individuo nel contesto sociale. Hanno una durata indeterminata: la legge fissa il termine minimo di durata e spetta poi al giudice valutare, alla scadenza del periodo, se la persona è ancora socialmente pericolosa.
Le misure di sicurezza possono essere personali e limitare la libertà individuale (detentive e non detentive) oppure possono essere patrimoniali ed incidere soltanto sul patrimonio del soggetto (cauzione di buona condotta e confisca).
Le misure di sicurezza detentive sono:
• l’assegnazione a una colonia agricola o casa di lavoro (per i delinquenti abituali, professionali o per tendenza);
• il ricovero in una casa di cura e custodia (per i condannati a pena diminuita per infermità psichica o per intossicazione cronica da alcool e sostanze stupefacenti);
• il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (per gli imputati prosciolti per i motivi di cui sopra);
• il ricovero in riformatorio giudiziario per i minori.
La Corte costituzionale (sentenza 324/1998) ha dichiarato costituzionalmente illegittima l’applicazione anche ai minori del ricovero in ospedale psichiatrico.
Le misure di sicurezza non detentive sono:
• la libertà vigilata (che implica l’obbligo di avere una stabile attività lavorativa o di cercarsene una, obbligo di ritirarsi a casa entro una certa ora);
• il divieto di soggiorno (in uno o più comuni ovvero in una o più province);
• il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche;
• l’espulsione dello straniero dallo Stato (vedi).
Il magistrato di sorveglianza sovraintende all’esecuzione delle misure di sicurezza personali; accerta se l’interessato sia persona socialmente pericolosa; emette o revoca le dichiarazioni di tendenza a delinquere e di abitualità o professionalità nel reato. Contro tali provvedimenti possono proporre appello al Tribunale di sorveglianza il pubblico ministero, l’interessato o il difensore (artt. 679 e 680 codice procedura penale).

Notificazione
È l’attività con la quale l’ufficiale giudiziario o altra persona specificamente indicata dalla legge (messo comunale, polizia giudiziaria, avvocato) porta formalmente un atto a conoscenza del destinatario, attraverso la consegna di una copia conforme all’originale dell’atto. Il destinatario, ricevuto l’atto, ne firmerà una copia per ricevuta (“relata di notifica”) che l’ufficiale giudiziario invierà all’autorità che l’ha emesso.Opg – Ospedale psichiatrico giudiziario
E’ una struttura dell’amministrazione penitenziaria dove vengono internati in misura di sicurezza (vedi) coloro i quali, giudicati colpevoli di reati la cui pena superi i due anni di reclusione, sono stati prosciolti per infermità mentale, per intossicazione cronica da alcool o stupefacenti o per sordomutismo (artt. 148, 215 e 222 c.p.).
Vi vengono anche ricoverati in osservazione per un mese, su richiesta del sanitario del carcere approvata dal magistrato di sorveglianza, i detenuti le cui condizioni e il cui comportamento possono richiedere un esame psichiatrico approfondito in una struttura specializzata. Trascorsi i trenta giorni e ricevuto l’esito degli accertamenti, il magistrato di sorveglianza dispone il ricovero ex art. 148 c.p., oppure il rientro del detenuto nell’istituto di provenienza (art. 111 e 112 legge D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario”).
Gli ospedali psichiatrici giudiziari sono sei: Aversa (Caserta); Barcellona Pozzo di Gotto (Messina); Castiglione delle Stiviere (Mantova, l’unico per donne); Montelupo Fiorentino (Firenze); Napoli; Reggio Emilia.