Il compito del Tribunale di Sorveglianza di Trento



Già Aristotele, nel IV secolo a.C., ipotizzava l’istituzione della magistratura di sorveglianza. Naturalmente non la chiamava così ma scriveva, nel Trattato dei governi noto anche come la Politica, che occorre un magistrato per giudicare e uno – “di tutti gli altri il più necessario” – per “le pene e la custodia dei condannati”.
Evitare che chi emette la sentenza sia la stessa persona che esegue la condanna era considerato già allora un caposaldo del “buon governo”. Nonostante una legittimazione e un viatico così autorevoli, molti secoli trascorsero prima che tale principio fosse condiviso e applicato, e tutt’ora quella di sorveglianza viene considerata da alcuni una magistratura meno importante di altre.

Riportiamo, per la curiosità degli interessati, alcuni brani del capitolo della Politica in cui Aristotele tratta della Divisione dei magistrati.

Merita annotare che, nella traduzione da Aristotele, il termine “magistrati” non deve essere inteso nel senso giuridico odierno, cioè come coloro che specificamente amministrano la giustizia, bensì nel senso ampio, originario, di titolari di un ufficio pubblico o di una funzione pubblica (dal latino magisterare, governare), che nell’italiano attuale è rimasto, ad esempio, nell’istituto del Magistrato alle acque o del Magistrato al porto. Perciò la “divisione dei magistrati” implica la divisione dei poteri e delle competenze nel reggere la cosa pubblica. Il termine coincide, nel caso della giustizia, con il significato attuale, rendendo la lettura più suggestiva ma non meno fedele e modernissima.